Stamattina mi sono recato a Villa Moretti per vedere la
mostra “dimensioni dell’arte” che è stata ampiamente pubblicizzata. Purtroppo,
mi è stato impossibile dare un giudizio visto che i cancelli erano chiusi.
Eppure sono andato in orario di apertura e c’era anche un signore di Roma che
ha chiesto a me delucidazioni su come entrare. Io chiaramente, non ho potuto
dare una risposta.
Rientrando, comunque in una magnifica giornata di sole, mi
sono chiesto: cosa ci troviamo dopo quattro anni e mezzo di attività di questo
assessorato? Se l’assessorato ai lavori pubblici fa costruire una strada o fa
costruire un ponte, le opere si vedono, sono tangibili, con i loro pregi e i
loro difetti. Ma anche i soldi spesi da un assessorato alla cultura possono
essere valutati in termini pratici. E allora mi chiedo, quale è il progetto di
fondo dell’attività culturale dall’assessorato alla cultura di Tarcento? Dove
sono le strutture intellettive e mentali proposte per la gente di questo
territorio? Quale è il legame delle quattro mostre messe in piedi rispetto alle
difficoltà della vita e delle esigenze della gente?
Quello che mi preoccupa è che questo modo proposto di approcciare
la realtà, assolutamente sganciato dall’affanno che la maggior parte della
popolazione si trova ad affrontare ogni giorno, sia un ulteriore fardello che
questa terra deve sopportare, nonostante l’estremo bisogno di un cambiamento di
passo.
La colpa grave, oltre a continuare a distogliere risorse
pubbliche per attività futili, è che le idee dei giovani sono lasciate marcire.
Le avanguardie non ci sono. Il futuro non è presente e non è contemplato. E nel
contempo, non c’è una modulazione dell’offerta e nemmeno una proposta culturale
che investa tutta la popolazione nella sua interezza. Quindi, se vogliamo andare
a vedere anche dall’altra parte e non solo concentrarsi sull’incapacità di
captare le esigenze dei giovani, racconto che mi sono ritrovato alla apertura
dell’anno accademico dell’Università della Terza Età del Tarcentino dove non c’era nessun
rappresentante dell’amministrazione comunale, nessun rappresentante del
consiglio e men che meno dell’assessore alla cultura!
Ci troviamo quindi, con questo assessorato, di fronte all’espressione
di una cultura di parte, ma nemmeno elitaria. Non abbiamo punte di cultura che
ci aprano gli occhi su diversi scenari (economico, industriale, storico,
letterario, scientifico, giuridico, turistico-alimentare). Se
nell’amministrazione precedente l’assessorato alla cultura era stato
praticamente chiuso, per manifesta incapacità e di ruolo non confacente dell’assessore,
ora siamo giunti alla post-ricolonizzazione delle strutture pubbliche per fare
attività da circolo privato. Di livello nemmeno dopolavorista.
Questo assessorato, è l’espressione della gerontocrazia,
male tutto italiano. Dove non solo gli anziani sono andati in pensione
piuttosto giovani, ma hanno alle volte delle pensioni più alte degli stipendi
della popolazione attiva lavoratrice. Una distorsione malefica che renderà la
vecchiaia difficilissima a chi la dovrà affrontare tra 10, 20 o 30 anni. E le
cui conseguenze le vediamo già ora nella popolazione con esodati, disoccupati
40-50enni, cassaintegrati, eccetera eccetera. Ad esempio, l’assessorato, invece
di organizzare mostre per far appendere i quadri all’assessore al bilancio,
dovrebbe organizzare corsi ed attività per recuperare queste professionalità o
per stimolare di più quelle di giovani che sono disoccupati mantenuti a casa
dai genitori, senza un futuro, a vent’anni!
Ma il punto è che essendosi impossessati anche dei gangli
culturali, aggrappatisi come cozze allo scoglio, questa pseudo classe
dirigente, ci destina a subire anche una insipida e velleitaria espressione
intellettiva. Che è pure volgare quando si vezzeggia con i soldi di tutti di
risultati inesistenti. Vedasi a tal proposito la serata di premiazione di
Cappello a Tarcento: una passerella avulsa dal contesto sociale e produttivo
tarcentino che è finita in niente. Visto che poi a Cappello si sono fornite
altre passerelle, tutte pagate con i contributi pubblici, dove i sorrisi e le
lodi si sprecavano, a scapito di tutti quelli che a lavorare ci devono andare
veramente. A Tarcento le serate sarebbero dovute andare in tutt’altra
direzione!
Questo assessorato quindi si caratterizza non per proposta
culturale ma appunto per sottocultura e clientelismo culturale, se non alle
volte anche familistico. Passerelle fatte fare agli amici, perché tali. Sottocultura
stantia, che non sa di naftalina, ma proprio di muffa, di marcio. Ci fa perdere
occasioni perché bloccati su ideologie di 50 anni fa.
E il sindaco? “Bire e Balon”! Queste sono altre forme di
sottocultura, che vanno bene per la domenica, ma gli altri giorni della settimana
servirebbe qualcosina in più, in attesa della prossima beatificazione di
Cappello a spese dei contribuenti.
Andrea Meneghetti